Ricoveri e Decessi
Quante persone ogni giorno entrano in terapia intensiva?
Se mai vi siete posti questa domanda, difficilmente avrete trovato la risposta, per due buoni motivi: questo dato non è mai stato reso disponibile in Italia se non a partire dal 3 dicembre 2020 ed ancora oggi non viene mai citato dalle testate nazionali, è rimasto relegato nei siti specializzati per statistici o per persone particolarmente curiose.
Eppure questo è probabilmente il dato più preciso di tutti. Mentre per i nuovi casi riscontrati ogni giorno vi possono essere oscillazioni ed inesattezze dovuti a vari fattori (numero e tipologia di test eseguiti, ritardi nelle comunicazioni, giorni festivi etc.), i ricoveri in terapia intensiva vengono puntualmente e rigorosamente registrati. Anche se è un indicatore che risponde in ritardo e rispecchia dei contagi avvenuti molti giorni prima, l’andamento è ben più regolare di qualunque altra curva epidemiologica a cui siamo abituati.
Da quando questo dato disponibile è possibile eseguire dei conteggi confrontando il totale dei posti occupati con i nuovi ingressi e con i decessi, il risultato è sorprendete, solo un piccola frazione dei decessi registrati ogni giorno avviene nei reparti di terapia intensiva.
Quindi la domanda è: dove muore chi muore per Covid? a casa, in Rsa, in reparto ordinario? Non essendo medico non mi azzardo ad avanzare alcuna ipotesi in merito, ma mi piacerebbe trovare una risposta plausibile.
PER I DATI AGGIORNATI VAI A LA SITUAZIONE OGGI
Il massimo di nuovi ricoveri in terapia intensiva si è registrato (dal 3-12-20 quando i dati sono diventati disponibili) il giorno 29 dicembre 2020 con 256 nuovi ricoveri, il minimo è stato invece il 31 gennaio 2021 con 97 ricoveri
Il massimo di posti in terapia intensiva occupati nella seconda ondata è stato il giorno 25 novembre 2020 con 3.848 posti occupati
I decessi, ovvero l’indicatore più lento
Perchè ancora così tanti decessi?
La prima volta che è iniziata a circolare questa domanda era aprile 2020, il “picco” era stato superato, i nuovi casi giornalieri diminuivano vistosamente ma si continuavano a registrare centinaia di decessi al giorno.
La risposta è estremamente semplice ed intuitiva. Immaginiamo che oggi si contagino 100 persone, circa 20 tra una settimana avranno dei sintomi, poi qualcuno starà così male da finire in terapia intensiva e solo tra un mese scopriremo che 2 o 3 saranno decedute. Insomma tra l’inizio dei contagi e l’inizio dei decessi passano almeno 3 settimane. Ma lo stesso accade al contrario, se anche da domani non avessimo più nemmeno un contagio, per almeno un mese continueremmo a registrare i decessi di chi si è contagiato nelle settimane precedenti.
Questo è l’effetto a cui abbiamo assistito tutti nel periodo settembre-ottobre, all’inizio della seconda ondata. Migliaia di nuovi casi al giorno e pochissimi decessi, il che ha alimentato nei soliti imbecilli frasi del tipo “l’epidemia in cui non muore nessuno”, salvo tacere (e nemmeno totalmente) quando in breve siamo ritornati a quasi mille morti al giorno.
In ogni caso in questo momento i decessi non possono diminuire oltre una certa soglia, perché non siamo in fase calante, ma in fase stazionaria. Fin quando avremo 10-15.000 casi al giorno avremo sempre 300-500 morti al giorno.
Ecco spiegato cos’è un “indicatore lento”, ovvero che si muove in ritardo rispetto agli altri.